Produrre energia dal biogas con occhio particolarmente attento al sociale. E’ questa l’esperienza avviata da qualche anno da parte di “Cascina Famosa”, realtà agricola in località Capralba nel Cremonese.
Un’azienda che storicamente appartiene alla famiglia Merigo, fondata dal padre Angelo e gestita oggi dagli eredi, che in base ad esperienza e competenze si sono suddivisi i compiti di gestione delle varie attività aziendali, tra le quali un modernissimo impianto di biogas da 950 kW.
A spiegarci i dettagli di questa singolare gestione è Giorgio Merigo, che all’incarico di presidente della Cassa Rurale del Cremasco, unisce la sua passione per una gestione imprenditoriale delle aziende agricole, passione che è riuscito a concretizzare nell’azienda di famiglia.
“La realizzazione dell’impianto di biogas, spiega Giorgio Merigo, ha portato notevoli cambiamenti nella filosofia aziendale, da sempre fondata sull’agricoltura tradizionale e l’allevamento zootecnico”.
Ancora oggi, l’azienda, rimane focalizzata sull’allevamento dei bovini da latte con 160 capi dei quali 90 in mungitura, e quello dei suini con oltre 3000 capi in allevamento.
A gestire le attività sono i fratelli Merigo, occupandosi chi dell’impianto di biogas e della parte agronomica, chi di quella tecnologica e chi di quella amministrativa e gestionale; ad essi si aggiungono un dipendente fisso per la gestione della stalla dei bovini, mentre la stalla dei suini è molto semplice da gestire in quanto dotata di moderni sistemi di automazione computerizzati.
Il problema dei reflui
“Con la Direttiva Nitrati, spiega Merigo, la gestione dei reflui zootecnici stava diventando un problema importante; l’impianto a biogas ci ha consentito di superare questo ostacolo in modo favorevole sia a livello normativo che gestionale, fornendoci al tempo stesso il digestato che viene riutilizzato aziendalmente per la fertilizzazione dei terreni che coltiviamo.
Al tempo stesso siamo riusciti ad ampliare i vantaggi anche alle altre attività presenti sul territorio: chi possiede un allevamento zootecnico, infatti, ci consegna i liquami, ricevendo in cambio digestato per i propri terreni, mentre chi per scelta o per necessità ha cessato l’attività di allevamento ci fornisce produzioni utili all’alimentazione degli animali o del digestore”.
Pur coltivando 180 ettari di terreno, dei quali 40 in proprietà ed i restanti in affitto, l’azienda cremonese ha, infatti, la necessità di integrare le proprie produzioni con un apporto esterno, che rappresenta circa il 30% di alimentazione dell’impianto.
“Alla coltivazione del mais facciamo normalmente seguire quella di cereali autunno vernini in secondo raccolto, spiega Merigo, ma per assicurarci il continuo funzionamento dell’impianto ricorriamo all’acquisto di prodotti dalle aziende presenti sul territorio”. “Anche questo, sottolinea Merigo, è un aspetto importante, che consente a realtà agricole che rischierebbero di scomparire, di rimanere attive e di svilupparsi”.
Sinergie con l’azienda agricola
Ma le sinergie che si vengono a creare tra la produzione di energia e l’attività agricola, secondo Merigo, sono molte altre ancora.
“Introdurre l’attività energetica nell’azienda agricola porta il management aziendale a guardare le problematiche con un approccio imprenditoriale e non più esclusivamente con quello agricolo o zootecnico. Tutto questo permette di dare un nuovo slancio alle attività, attraverso un’impostazione aziendale più efficiente e orientata allo sviluppo”.
Tra i nuovi obiettivi potrebbe esserci dunque quello della trasformazione dei prodotti?
“Questo, risponde Merigo, è un obiettivo che ci riguarda non solo come azienda agricola, ma anche e soprattutto come territorio: riuscire a dare un valore aggiunto ai prodotti attraverso l’aiuto delle casse rurali e un ritorno di un’ideale cooperativo, creando delle strutture di trasformazione capaci di fare rifluire sui produttori un beneficio che derivi dalla trasformazione dei prodotti”.
Del resto l’attività agricola fine a se stessa, come si è intesa da sempre, oggi fa fatica ad essere sufficientemente remunerativa…
“Senza la riorganizzazione aziendale oggi dovremmo fare i salti mortali per sopravvivere e forse non basterebbe. Da sempre perseguiamo la strada della qualità attraverso un’oculata scelta della genetica degli animali, dell’alimentazione e degli standard produttivi. Questo ci permette una remunerazione un po’ più alta dello standard, ma che non è sufficiente. Basti pensare che ci sono stati anni in cui la media del ricavo dei suini per kg di peso vivo era di circa 1,1 euro quando il CRPA di Reggio Emilia calcolava un costo medio di produzione per kg carne di 1,4 -1,45 Euro”.
“Oggi, conclude Merigo, la realizzazione dell’impianto di biogas ci assicura una diversa soddisfazione economica, anche se a fronte di un impegno economico decisamente elevato. Al momento attuale, con la riduzione degli incentivi, sicuramente la strada è più difficile per chi si affaccia a questo mondo. Ma ancora una volta la soluzione dell’aggregazione cooperativa può rappresentare una chance importante .”
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